Società

Come fare causa per mobbing sul lavoro: quali prove servono all’avvocato?

Non sempre sul posto di lavoro si verificano le condizioni migliori per un’esperienza serena e pienamente formativa. Possono infatti accadere situazioni dove il dipendente o la dipendente vengano vessati dal proprio datore di lavoro: un comportamento che può protrarsi anche per un certo periodo di tempo, con l’obiettivo di escludere la vittima dal contesto aziendale, mettergli i bastoni tra le ruote, rovinargli la carriera e renderlo ridicolo agli occhi dei colleghi. Questo tipo di vessazione aumenta con il passare del tempo, tanto da costringere il dipendente o la dipendente a rassegnare le dimissioni per liberarsi da quello che è ormai diventato un vero e proprio incubo.

Mobbing, cos’è e come si sviluppa

Il termine ormai largamente utilizzato in questi casi è “mobbing”, per il quale ci si può rivolgere ad un avvocato del lavoro. Per essere riconosciuto tale, il mobbing deve riguardare una situazione che va avanti da almeno sei mesi.

In genere si pensa che il datore di lavoro preferisca praticare “mobbing” nei confronti dei lavoratori più deboli, sia a livello di ruolo che dal punto di vista psicologico. In realtà, nella maggior parte dei casi ad essere colpiti da questa continua vessazione sono proprio i dipendenti più brillanti, che possono rappresentare una minaccia per i vertici aziendali, o magari coloro che hanno un’anzianità tale da risultare fin troppo costosa nella retribuzione complessiva.

Ma quali sono esattamente le “angherie” che rientrano nel discorso di mobbing? Oltre ad atteggiamenti insopportabili, severità immotivata, richiami ingiusti e minacce, il mobbing può svilupparsi anche in sabotaggi come l’impossibilità di poter disporre dell’auto aziendale o della carta di credito dell’azienda, fino all’affidamento di lavori piuttosto degradanti per il ruolo che si svolge quotidianamente.

Il mobbing classico operato dal datore di lavoro verso il dipendente è definito verticale (o strategico), mentre competitività e invidia all’interno del gruppo di lavoro possono portare ad un mobbing da parte dei colleghi: in questo caso si parla di mobbing orizzontale.

Mobbing: le prove da presentare all’avvocato

Il mobbing continuativo provoca anche danni dal punto di vista patrimoniale: basti pensare alla possibile dequalificazione professionale, o al demansionamento, o magari alle spese che la vittima di mobbing ha dovuto affrontare per delle cure mediche che in genere vengono garantite dall’azienda.

Chiaramente, tutti i dipendenti e le dipendenti che vengono interessati da questa situazione possono rivolgersi ad un legale per far valere i propri diritti. Prima, però, è necessario raccogliere tutte le prove possibili – unitamente ai testimoni e alla documentazione – a sostegno della propria accusa, in quanto per le cause di risarcimento danni da mobbing l’onere della prova è tutto a carico del dipendente.

Il lavoratore deve essere quindi in grado di provare di essere stato vittima di comportamenti mobbizzanti, ad esempio precisando l’assenza di motivi che hanno portato ad un demansionamento; di essere stato rimproverato senza motivo davanti ai colleghi; di essere stato dirottato in un ufficio in solitaria, senza avere quindi nessun tipo di contatto o relazione con i colleghi; che la condotta mobbizzante ha influito pesantemente sulla propria carriera, comportando anche squilibri come stati di depressione o ansia certificati dal proprio medico curante o dallo psicologo; di essere in possesso di una relazione medica, rilasciata da un centro specializzato in medicina del lavoro, che attesti una condizione di stress, depressione o malessere.

Il dipendente ha quindi bisogno di testimoni, che confermino la condotta mobbizzante del datore di lavoro o di alcuni colleghi. Inoltre, servono ovviamente documenti da presentare a supporto delle accuse, come ad esempio le perizie medico-legali e i giustificativi di spese mediche.

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